CONTRATTI A PROGETTO: COSA CAMBIA CON LA RIFORMA

Pensando di fare cosa utile per qualcuno di Voi lettori pubblichiamo un articolo che illustra sinteticamente le novità che la riforma del lavoro firmata dal Ministro Fornero ha previsto per i cosiddetti contratti a progetto o co.co.pro. Si tratta di una forma contrattuale molto diffusa nella fase di “accesso” al mondo del lavoro soprattutto per i giovani. Questa forma contrattuale molto spesso demonizzata, in realtà ha la sua ragion d’essere e le sue utilità, purtroppo sono frequenti i casi in cui il datore di lavoro abusa di tale strumento, utilizzando questa forma contrattuale per mascherare veri e propri rapporti di lavoro subordinato, potendo godere di  diversi vantaggi fiscali e contributivi, con il risultato di snaturarne completamente i presupposti a svantaggio del lavoratore.

Proviamo quindi ad offrirvi un quadro sintetico delle novità legislative:

Contratto a progetto

La particolarità del nuovo contratto a progetto infatti è che i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa prevalentemente personali e senza vincolo di subordinazione, devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici, determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore. Progetto specifico perché funzionalmente collegato a un certo risultato finale.

Il progetto deve essere specifico

Nel contratto di lavoro deve essere descritto il progetto, individuando il suo contenuto caratterizzante e il risultato finale che si intende perseguire. Il contratto a progetto inoltre non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi, che potranno anche essere individuati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Contratto a progetto: quando è rapporto subordinato?

Si considera rapporto di lavoro subordinato sin dalla data della sua costituzione, il contratto a progetto quando l’attività del collaboratore è svolta con modalità analoghe a quella svolta dai lavoratori dipendenti dell’impresa committente, fatte salve le prestazioni di elevata professionalità che possono essere individuate dai contratti collettivi. Si tratta di una presunzione relativa, visto che il committente potrà fornire prova contraria.

 

Partita Iva come collaborazione continuativa

Da ultimo, si considerano rapporti di collaborazione coordinata e continuativa le prestazioni rese da persone titolari di partita Iva in casi precisi ossia quando:

  • la collaborazione abbia una durata complessivamente superiore a otto mesi nell’arco dell’anno solare;
  • il corrispettivo derivante da tale collaborazione, anche se fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo centro d’imputazione di interessi, costituisca più del 80 per cento dei corrispettivi complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco dello stesso anno solare;
  •  il collaboratore disponga di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente.”

 

(fonte :http://www.investireoggi.it)