GARIBALDI E LO STRANO CASO DEL LEGNAME REQUISITO PER LE BARRICATE

Questa volta sottoponiamo a voi amici lettori non un caso giudiziario recente, legato all’ultima pronuncia della Cassazione, bensì risalente  al 1849. Si tratta di un episodio piuttosto curioso accaduto durante la breve vita della Repubblica Romana,  che offre un’ interessante lettura dei costumi giuridici del tempo.

Facciamo una breve premessa sul contesto storico. La repubblica Romana fu uno stato repubblicano sorto in Italia durante il Risorgimento ( 1849) a seguito di una rivolta interna che nei territori dello Stato pontificio estromise Papa Pio IX dai suoi poteri temporali e fu governata da un triumvirato composto da Carlo ArmelliniGiuseppe Mazzini ed Aurelio Saffi.  “La piccola repubblica, nata nel febbraio 1849 a seguito dei grandi moti del 1848, ebbe come quest’ultimi vita breve (5 mesi), ma in quei pochi mesi Roma passò dalla condizione di stato tra i più arretrati d’Europa a banco di prova di nuove idee democratiche, ispirate principalmente al mazzinianesimo, fondando la sua vita politica e civile su principi (quali, in primis, il suffragio universale maschile; il suffragio femminile in realtà non era vietato dalla Costituzione, ma le donne ne restarono escluse per consuetudine[1]; l’abolizione della pena di morte e la libertà di culto), che sarebbero diventate realtà in Europa solo un secolo dopo.” (fonte Wikipedia)

….ed ora veniamo al nostro caso.

Un certo Cavalier Annibaldi citò in giudizio tre collaboratori di Giuseppe Garibaldi: Maderazzi, Ruggieri, Galiani  per aver sottratto, senza autorizzazione, un certo quantitativo di legname dal proprio stabilimento con il pretesto di farne delle barricate. Sosteneva l’Annibaldi che si era trattato di una depredazione vera e propria da porsi a carico dei tre autori materiali del “furto”. Infatti, a dire della difesa dell’Annibaldi  la requisizione avrebbe dovuto essere autorizzata per iscritto dal Triumvirato, come prescritto dai provvedimenti di quel governo, mentre di fatto gli autori della sottrazione  avevano agito allegando un semplice ordine verbale di Garibaldi, che non possedeva alcun crisma di legalità.

La difesa dei tre convenuti fece presente che i legnami sottratti al Cavalier Annibaldi erano stati portati sotto scorta delle milizie garibaldine nei luoghi in cui erano in costruzione le barricate, per comando di Garibaldi e che il Triumvirato aveva delegato il governo di quella guerra al comandante di quella milizia (Garibaldi). Ne derivava dunque la piena legittimità dell’ordine di Garibaldi e dunque della requisizione del legname.

Ebbene, il Cavaliere Annibaldi perse la causa, la sentenza espressa dai Giudici stabilì che : “ nei deprecabili casi di perturbazioni politiche vanno talvolta tenuti fermi molti fatti compiuti e tra questi le requisizioni ordinate per causa di guerra da coloro che ne hanno il comando. Questa regola è valida per il regime dell’ invasore straniero e anche per il regime nato da un’insurrezione popolare. I convenuti avevano agito per comando di chi aveva le facoltà di comandare: il comando era venuto dall’autorità militare ( Garibaldi) e dunque da un soggetto che giuridicamente aveva il potere di ordinare” .

La requisizione del legname, dunque, era pienamente legittima.