IL LAVORATORE PUO’ RECUPERARE ANCHE DAL COMMITTENTE LA RETRIBUZIONE E I CONTRIBUTI NON VERSATI DAL PROPRIO DATORE

Può accadere che i lavoratori dipendenti delle aziende appaltatrici non percepiscano dal proprio datore di lavoro la retribuzione o addirittura che questo non versi i contributi previdenziali e assicurativi dovuti in ragione del rapporto lavorativo; in tali casi la legge ha previsto un importante strumento di tutela, di cui spesso i lavoratori sono ignari: il beneficio della responsabilità solidale del committente oltre che del datore di lavoro appaltatore per il pagamento dei   per il versamento dei crediti retributivi e previdenziali, compreso il TFR (segnatamente le quote maturate e non accantonate durante il periodo di durata dell’appalto).

Questo è quanto stabilito in origine dall’art. 1676 c.c. e successivamente anche dall’art. 29, 2° comma, D. Lgs. n. 276/2003, recentemente modificato dal del decreto legge n. 5/2012 (c.d. d.l. sulle semplificazioni).

Pensando di fare cosa utile riportiamo il testo riformato del citato art. 29 : “In caso di appalto di opere o di servizi, il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori entro il limite di due anni dalla cessazione dell’appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto, restando escluso qualsiasi obbligo per le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento. Ove convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all’appaltatore, il committente imprenditore o datore di lavoro può eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell’appaltatore medesimo. In tal caso il giudice accerta la responsabilità solidale di entrambi gli obbligati, ma l’azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l’infruttuosa escussione del patrimonio dell’appaltatore. L’eccezione può essere sollevata anche se l’appaltatore non è stato convenuto in giudizio, ma in tal caso il committente imprenditore o datore di lavoro deve indicare i beni del patrimonio dell’appaltatore sui quali il lavoratore può agevolmente soddisfarsi. Il committente imprenditore o datore di lavoro che ha eseguito il pagamento può esercitare l’azione di regresso  nei confronti del coobbligato secondo le regole generali”.

A titolo puramente esemplificativo nel caso in cui vi sia un’azienda che appalta servizi di pulizia ad un’altra, i lavoratori dipendenti della ditta di pulizie potranno recuperare i crediti retributivi e previdenziali, anche dall’azienda appaltatrice, oltre che dal proprio datore di lavoro, naturalmente alle condizioni e nei limiti previsti dalla norma su indicata.